Tra i più forti terremoti avvenuti in Italia nel corso del XIX secolo, l’evento del 26 luglio 1805 colpì una vasta area dell’Appennino meridionale, con effetti altamente distruttivi nella zona del Matese. Nell’area tra Isernia e Campobasso una ventina di località, tra cui la stessa Isernia, subirono effetti devastanti e furono quasi completamente distrutte. Gravissimi danni e numerosi crolli si verificarono anche a Campobasso e in un’altra ventina di paesi. Gli effetti distruttivi della scossa si estesero al vicino Beneventano, in particolare ad alcune località del Sannio situate a nord del fiume Calore. Complessivamente si contarono oltre 5500 vittime, di cui un migliaio nella sola città di Isernia, e circa 1600 feriti.Gravi danni con crolli e qualche vittima si registrarono anche nelle città di Napoli e di Avellino, mentre danni più leggeri si verificarono all’interno di una vasta area estesa, in direzione nord-sud, da Foggia e dall’area garganica a Salerno e alla penisola sorrentina; in direzione longitudinale alla catena appenninica, dalla zona del Vulture fino a Sora.Il terremoto fu avvertito in un’area molto ampia dell’Italia centro-meridionale, da Cosenza e da Lecce, a sud, fino all’Umbria e alle Marche, verso nord; fu sensibile anche a Roma. Frequenti repliche furono avvertite a cadenza quasi giornaliera fino a dicembre e poi, via via più rare, fino al giugno del 1806.
Dati e mappe interrogabili: Database Macrosismico Italiano DBMI15